Ma il Margin Debt non accenna a ripartire

- 26/01/2023
Si registra una delle migliori partenze annuali della storia; addirittura la migliore di sempre per lo Stoxx600, reo di produrre uno storico che copre soltanto gli ultimi 35 anni. Un balzo impressionante, che fa da contraltare alla disfatta del 2022, con un bear market non ancora del tutto neutralizzato su scala globale. Non negli Stati Uniti, per esempio.
In effetti gli umori degli investitori sono ancora a metà strada fra una cauta apertura di credito ed un persistente pessimismo. D'altro canto, è difficile biasimare chi abbia comprato azioni a Wall Street o Times Square: le false (ri)partenze sono risultate all'ordine del giorno negli ultimi dodici mesi. Come chiedere loro di aumentare l'esposizione, addirittura facendo ricorso alla leva finanziaria concessa loro dai broker?
In questa prospettiva va letto il dato, ancora una volta deludente, del Margin Debt: calante a dicembre, in linea peraltro con l'andamento dello stesso mercato azionario. In termini tendenziali non si scorgono novità: il MD si colloca ancora ben sotto la sua media mobile, penetrata verso il basso a gennaio dello scorso anno, e mai più riconquistata.
Si tratta di un "trading system" magari rudimentale ma efficace: si rimane esposti al rialzo quando il MD si colloca sopra la media mobile, ci si colloca ai margini del listino quando si spinge sotto lo spartiacque. Strappa un sorriso l'atteggiamento di taluni, che hanno stigmatizzato i nuovi massimi del MD negli anni passati, trascurando colpevolmente il messaggio benigno che questo rappresentava; mentre ora caldeggiano un mercato a loro dire «sottovalutato».
La realtà è che è sempre cauto mantenere una esposizione non pronunciata nelle circostanze raffigurate qui in alto: i rialzi non mancano, evidentemente; ma i medesimi si inseriscono in un contesto più impegnativo. Meno lineare.
È anche per questo che la nostra esposizione in azioni è contenuta: al 47% del portafoglio ideale, il modello di asset allocation di AGE Italia si colloca ben sotto le proporzioni sperimentate da novembre 2020 a novembre 2021, quando le azioni in portafoglio spesso e volentieri sono risultate anche l'80% del totale.
Da TINA a TARA: dall'assenza alla disponibilità di alternative all'investimento azionario. E questo gli investitori lo sanno.